sabato 24 novembre 2007

Dopo la foca il dubbio


Ci sono delle voci che disturbano. Insistenti ed inesistenti contro le quali tapparsi le orecchie non serve a molto. Già di per se una voce è un suono difficilmente contenibile. Le altre poi sono intollerabili.
Arrivare qui è solo un inizio. Mi rendo conto la parte difficile deve ancora venire. L’episodio di ieri sera con la foca è stato inquietante e oggi non è andata meglio. Non ho forza per approfondire anche perché sono certo che non lo dovrei fare in loco ma, come al solito, nel mio cervelletto dispettoso, o difettoso come mi ha blandamente comunicato uno degli ultimi medici interrogati: “Lei è come un tipico orologio meccanico, l’ora è quella giusta ma col tempo tende a perdere i secondi, poi i minuti, le ore.” Potei solo sgranare gli occhi incredulo “Non si preoccupi perchè quello dell’orologio, seppur finemente lavorato, è un meccanismo imperfetto in sé. È la fisica che detta le regole. Lei non è rotto è soltanto difettoso. Il nostro scopo è imparare a convivere con gli ingranaggi della nostra mente.” Lascio immaginare l’importante lezione di vita che ne trassi. Decisi infatti di lasciar perdere questi pragmatismi e dopo aver disdetto tutti i pochi appuntamenti del mese andai a casa. Attaccato un planisfero sul muro della stanza più grande, mi voltai e feci nove passi indietro. Relegando tutta la mia vita sulla punta di una freccetta chiusi gli occhi, respirai profondamente e feci il biglietto. Sono certo che la descrizione di quell attimo non sia possibile in base alle leggi della fisica classica e della fisica relativistica. Avrei voluto dire al dottore che "L’umana Inerzia m'ha condotto ed affidato ai Quanti. Loro hanno raccolto ed accolto la mia preghiera nell arco casuale di una freccia" e farmi ricoverare.
Invece eccomi qui, fa freddo e capisco poco o niente di quello che mi viene detto. Studio di sera a casa e di giorno lavoro facendo pratica. Tra le prime parole assimilate stabilmente ci sono laks, torks, haval, kreft. Lavoro al Fiske Torget sul porto, salmone, merluzzo, balena, granchio. Ma è una lotta impari. L’unico vantaggio che ho sulla lingua è il difetto che mi fa pian piano perdere il segno e ricominciare come nuovo. La penuria di risorse mi spinge a valorizzare il punto debole. Perseverando nell imperfezione riesco a non pensare al limite strutturale.
Bergen è una città della Norvegia nella contea di Hordaland. Con neanche trecentomila abitanti, è il secondo centro del paese dopo Oslo. Si dice che sia la porta dei fiordi. Io sono ancora sull uscio, in una piccola stanza vicino a Bryggen, un quartiere che è stato classificato Patrimonio dell'Umanità. Tante caratteristiche casette di legno sulla baia di Vågen ma ancor di più negozi, ristoranti, agenzie e turisti fotografici. Secondo me le uniche vere attrattive della zona sono il museo anseatico e quello di Bryggen, ma probabilmente sono io ad essere noioso, anzi annoiato.
Quando posso passeggio per la città e la cosa che più mi ha colpito è la quantità di università che ci sono, sarà per questo che vedo così tanti giovani. Ma non sono uno di loro. Io sono fra i tanti provenienti da varie parti d'Europa per lavorare d’estate. La maggior parte di noi è qui al mercato, che non è particolarmente grande, almeno per i nostri canoni. In compenso è assai vivace e ho già scoperto molte cose. Non sapevo ci fossero così tanti tipi di Salmone, affumicato, cotto al vapore, alla Bergen. E certo non avevo mai assaggiato prima la Balena affumicata.
Purtroppo però mi hanno fatto capire che lavorare stabilmente qui è difficile, bisogna parlare un buon inglese e molto spesso è richiesto di parlare il norvegese. L’estate finirà purtroppo e con lei la fiorente babilonia ittica. Sono a cavallo, al galoppo verso il ciglio di un fiordo. Bene, in un modo o nell altro sarò oltre l’uscio di Bergen.

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