martedì 27 novembre 2007

CONTRO


Mi hanno richiamato indietro in questo triste e malsano paese dal mondo autistico nel quale mi aggiravo. Occorreva, senza riserve, la mia competenza in materia di oscenità umane e tragedie immateriali. Ho così intavolato una costruttiva discussione virtuale con una realtà per me allo stesso tempo nota ed ignota. La teoria dell’ iper-cubo è assolutamente applicabile alla realtà di tutti i giorni. E’ la prima cosa che salta all occhio del nostro paese. Non sapete dell’ iper-cubo? Tant’è che pensate lo stia inventando di sana pianta? Errore. E’ solo la vostra ignoranza impaurita che si difende con presunzione. Una ricetta comune. Il piatto nazionale. Se fossi negro sarei bruciato. Se fossi frocio sarei impalato. Se fossi comunista sarei fucilato. Ma anche da fascista verrei impallinato. Uno come me se fosse contrario sarebbe piegato e infine spezzato. Se io fossi allora sarei. Ma, miei cari interlocutori, che millantate fieri le vostre origini, che scrutate con sospetto le zone di luce della vostra anima, vi deludo. Io non sono, quindi, non c’è gioco al quale si possa partecipare insieme. La storia non insegna nulla se non è discussa. E con voi non parlo perché ora leggo cose che non pensavo avrei potuto. E mentre brucia la carta leggo meglio. Erano racconti di tempi passati. Era l’uomo nero che se non stavi attento ti portava via con se. Era zitti e mosca. Sbandierare di adolescenti circolarmente ignavi. Erano ormoni tradotti. Era identificazione in mancanza d’altro. Ma è ancora, e questo mi dispiace. Ritrovarmi solo a non giocare più. Muto fra cori da stadio. Indifferente a menzogne comuni e palliativi romani. Allora, allegramente scoglionato dagli eventi avversi e certo che mancava alla lista di volgarità pubbliche la mia, mostro il culo allargando le natiche senza veli né abbronzatura. Gioco a modo mio, autistico. E poi vi chiedo sorridente chi è il più serio fra noi. E di nuovo salto fuori dal cerchio e, come si diceva una volta, quando ci si divertiva davvero, “a monte! A monte!”. E ora non sapete più neanche quando si dice a monte scommetto. Certo non si diceva a caso. Se avessi abbastanza voce lo direi ancora oggi, generalizzandolo alle sveglie, ai discorsi coerenti, alle confidenze oniriche, alla ottusa consapevolezza dell’uomo moderno, alle serenate suonate da altri, al bello e al non bello, alle cose dette e ridette, trite e ritrite, alla totale dimenticanza che ce le fa ascoltare ogni volta come nuove, alle traduzioni poco fedeli e ai loro fedelissimi. Lo direi alla mia faccia di culo gassoso, insulsa, eppure perennemente appiccicata davanti a coprirmi. A monte tutto.



1 commento:

Diegogue ha detto...

disegno piu bello