mercoledì 31 ottobre 2007

fiamMEtriche

Estremità imbarazzanti
Timori illusioni necessità
Voglie come pioggia
Con corpi lisci giacere
In corpi voluttuosi arrendersi
Possedere ferire lenire
Sangue mio mare annegami
Bollente ambiguità dell'essere
Amore e morte s'accomunano
Mano nella mano occhi negli occhi
Pregni di sereno
scivolano sorrisi nell'abisso

MEMO-ERE

…Ricordo…
…Grida che si fanno distanti mentre piangendo cammino sotto un cielo nero come pece. Tanto vado avanti lungo la via quanto più si fa presente in me la sensazione che di niente mi stia allontanando da ciò che voglio.
Dal nulla nasce questo futile peregrinare di landa in landa o forse meglio crederlo, nascondere sotto pesanti strati di sabbia la consapevolezza delle molteplici cause.
Desolato si stende dinanzi il mondo, sferzato con violenza mai doma da tesi venti carichi di sabbie, in turbini frenetici di foglie secche e ricordi. Gli occhi colmi di lacrime bruciano socchiusi cercando di cogliere i confini del sentiero attraverso la tempesta.
Instancabili le correnti spingono da ogni lato e la follia delle grida nell’ aria, fra le rocce cresce smisurata, senza pietà, disorientandomi, trascinandomi, invischiandomi in incubi densi come fango e non riesco più a muovermi e sempre più piccolo sento il corpo, inerme, fragile, naufrago. Dove proteggermi? Grido la mia disperazione al cielo invisibile fra polveri e detriti che trafiggono la carne come chiodi.
D’un tratto un ‘immensa corrente ascensionale mi strappa dalla terra amata e in un istante vengo catapultato in alto come piuma, vedo sotto di me l’infuriare delle nubi ribollenti, vedo le mie paure e tremo poiché, così come ho volato, vengo di nuovo lasciato al peso del mio inutile corpo, precipito, urlo, terra…
…Ricordo…
…Un sogno. Il lenzuolo zuppo di sudore ed io con lui. Sollevo un poco la testa dal cuscino annusando piacevolmente l’aria fresca che si insinua sotto il collo, fra i capelli, nella testa pulsante. Resto così per un po’, come ipnotizzato, incapace di pensare, completamente vuoto.
Una goccia, lentamente, si forma sulla fronte, scivola lucida e fiera sul sopracciglio, ne seguo con la mente il cammino. Raggiunge il naso e ancora calma scende fin giù alle narici, tremolando prima di cadere come pioggia sul petto nudo. Scivola di lato lungo le costole, va e scompare nel letto.
Di nuovo affondo violentemente la testa fra le pieghe della realtà e chiudo gli occhi…
…Ricordo…
Nel fresco della selva finalmente mi rivedo. Disteso sotto la folta chioma di un albero sconosciuto, al fianco del mio fido compagno di viaggio. Nel silenzio del verde, rotto soltanto dal cinguettio degli uccelli e da qualche lontano verso d’animale. Ripenso al passato ma subito distolgo lo sguardo da dentro e fisso attento il cielo azzurro ricamato di tenui nubi vive, bianche come angeli. Vola la mente fra fanciullesche fantasie e si perde in giochi soffici come l’innocenza. L’amico caro mi guarda con quel suo unico intimo sorriso lieve. Non parliamo la stessa lingua, siamo nati lontani, ma gli occhi sono gli stessi. Pronti a piangere, a dischiudersi fiduciosi alla vita o a stringersi nel rifuggire dalle pene che tutt’attorno fluttuano meste. Anche sul mio volto sento esplodere un incontenibile gioia, proprio mentre il sole si insinua con tutta la sua luminescenza fra i rami ombrosi, abbagliandomi, sommergendo con macchie di luce dorata la mia pelle d’ebano. Fin dove verrà avvertito l’esplodere dei nostri sentimenti? Le risa, le danze, i canti. Porgo la mano al compagno e ci perdiamo in una stretta infinita. Osservo attento le sue dita scure, ruvide, forti. Ma questo arto è tutto ciò posso vedere…
…Ricordo…
…incredulo alzo lo sguardo ed oltre il polso nulla vedo se non il vuoto. Stringo nella mia una mano morta, senza corpo e oltre me il mondo è scomparso in una nebbia lattiginosa. Scaravento a terra l’orribile moncone che irrealmente, come un ragno, comincia a muoversi verso me. Indietreggio nel nulla tremando fin quando infiniti tentacoli di foschia mi legano a loro sempre più stretto, immobile. Non posso fare altro che sentire salire su di me il terrore, fin quando è al collo e lo stringe di colpo senza pietà lasciandomi soffocare. Il vento comincia a sollevarsi duro e le correnti mi sfiorano senza che possa respirarle. Allo stremo tutto tremola dinanzi. Le lacrime e le mute mie grida si fanno più distanti…
…Ricordo…

sabato 27 ottobre 2007

a volte è bello essere tristi

Quando mi hai detto:” è che sono depressa, tutto qua!”, io ho sorriso. Mi capita poco spesso di sentire un sorriso così sfaccettato verso qualcuno. In quel momento, forse più che in molti altri, ti ho sentita vicina, mi è parso di capirti davvero. Non che io non ti capisca, è stata una comprensione molto più ampia del solito consentitoci. Sarà che simili siamo dopotutto, nell’accordatura iniziale, nell’ orientamento massimo.
Ti ho sorriso perché ti ammiro in questa tenace umiltà aggressiva, che molto m’appartiene.
L’ho fatto perché dall’immagine tua, o come preferisci, da quel che io vedo di te, trasuda voglia sincera di sorridere del semplice e mi contagi.
Noi artisti di strada dobbiam per forza esser mesti, ma vorremmo volentieri ridere di gusto. Sbaglio?
Mi rallegro della tua tristezza, ti fa onore.
E’ triste chi non cede hai compromessi, chi non bara, son tristi quelli che giocano, sudano e magari quella volta gli va storta. E’ triste chi per il momento rinuncia perché è meglio così.
Tu ce la farai, anzi quelli come noi, che non siamo certo unici, ce la faranno.
Perché, vivendo, ciò che mi è capitato mi ha lasciato qualcosa: quello che ci può fare camminare a testa alta, dentro e fuori, non è l’obbligatoria realizzazione di un progetto.
E’ la tenacia, la tensione interiore incurante degli eventi che ci ha giurato fedeltà e della quale siamo degni.
E ho capito che davvero la vita è propria. Non un’idea comune e statica. E credimi, sentirlo veramente, almeno una volta, cambia molte cose.
Quello che ci succede, o che non ci succede, è comunque un espressione del nostro esistere, nel passato, nel presente e nel futuro.
Non buttare via i propri pensieri, solo questo può renderci, non semplicemente felici, ma almeno sempre più vicini alla concentricità.
Magari è stupido quel che dico, o meglio scontato, retorico, populista, utopico, semplificatore, mistificatore, forzato, infantile.
Sono tutte queste parole il problema, a volte troppe, limitanti eppur ambigue. Nella testa e fuori.
Senza tante parole, a volte, si potrebbe non pensare ma agire, nel dirsi: “ ok, so di essere serio. So di dare, davvero”. Fiducia nel fatto che chi cammina dritto e con occhi ben aperti troverà del buono. E basta.
Saper dire basta. Povero o ricco, specializzato o generico, elegante o trasandato, poco cambia se si schiude minuto per minuto di fronte a me un fiore che non conosco.
Ho incontrato persone povere d’animo, benestanti e ricche.
Io almeno in questo non ho remore, mi vedo fra i nobili. Nobile ignorante, decaduto, quello che vuoi ma dall’alba mitica. E tu anche sei li, e sono serio nel dirlo. Non si deve dimostrare a nessuno, almeno questo.
Una lettera per dirti della luce che irradi e della quale sei fatta.
Per ricordartelo sfacciatamente.

giovedì 18 ottobre 2007

COMETE

L’universo, immensa culla della materia tutta, volle avvicinare due sue creature.

Vagava senza orbita una cometa di rara bellezza. La lunga scia blu tracciata al suo passaggio rischiarava gli angoli più bui dello spazio e nel silenzio cosmico la sua sola presenza sembrava facesse udire musica celestiale. Ogni figlio del cosmo sperava, spesso invano, nella sua casuale venuta. Lei, fiera ed ostinata, continuava l’infinito viaggio alla ricerca di qualcosa.

Vagava senza orbita una cometa di rara intensità. Giovane e vigorosa percorreva spazi immensi senza sosta, rallentando la sua corsa fra enormi campi di gravità per riscaldare con la lunga scia cremisi le immense valli del vuoto. Lingue di fuoco come serpenti si contorcevano fra loro in un inarrestabile moto violento. Chiunque avrebbe sperato nella sua calda ed eterna compagnia ma lei come fuoco divino rimaneva ad ardere distante.

L’universo, infinito spazio senza confini, volle avvicinare due sue creature, per sempre.

“Cosa giustifica un esistenza comprovata solo dall essere in un dato tempo e luogo? Essere, semplicemente, con l’unica certezza della venuta in futuro del non-essere, poi più nulla. Se cosi fosse sarebbe davvero una realtà vana. Ma come può una cometa varcare il limite di tanta bassezza?”
Continuò il suo ancestrale errare senza più pensare nulla di ciò.
Grossi globi infuocati, Placide sfere d' acqua, terre arse da soli multipli scintillanti. Queste e molte altre cose vide ma nulla che potesse rispondere ai suoi profondi e intimi quesiti.

Una scheggia dall' energia massiccia solcava il cielo oltre il cielo. Ripensava alla sua nascita, ricordava il buio, ne ricordava l’immaterialità, la sua non presenza in quel non luogo. Poi l’immensa inafferrabile luce. Ricordava le parti di se fondersi svelte, roccia fusa ed infine la scintilla dalla quale scaturirono fiamme e lapilli vivi. Ne rammentò l’appagamento e vide ancora l’inizio del suo vagare. Niente altro poi. Anni, secoli o millenni non hanno avuto più senso da quel momento. In fondo però sapeva che il tempo, per quanto dilatato e inconsistente, è come una lama che oscilla ritmica alla gola, lentamente inesorabile abbassandosi. Talmente impercettibile da sembrare ferma per lunghi tempi. Ma egli sapeva ed il seme del dubbio cominciò a germogliare affondando le radici nell’anima.

Un buco nero, vortice cosmico a cui anche la luce si piega, volle benedire l’unione.

In basso, su un piccolo lembo di terra, dentro un piccolo osservatorio antidiluviano, un piccolo astronomo dai capelli scomposti. Grigia cornice per un volto vecchio e forte, sguardo che vaga in cielo in cerca di vita. Il suo occhio velato dagli anni sapeva vedere dove nessun altro uomo avrebbe potuto. Di questo raro privilegio, quel giorno, ne provò la vera ebbrezza. La sua seconda giovinezza. Rinascita. La pelle scavata da lunghi solchi fu rischiarata da un sorriso talmente sincero, puro, straripante commozione e gioia da …
...davanti quegli occhi di bambino si mostrava il mondo in tutta la sua meraviglia.

Due comete di rara bellezza ed intensità, perfettamente allineate e sincrone verso la nera densità del vuoto. Freddo ed insignificante evento per i più. Egli invece…

La lunga tunica bianca sollevata dal vento, scintillante alla luna di un irreale riflesso argenteo, si contorceva come se cercasse disperatamente di rimanere attaccata al corpo dell uomo che urlando e ridendo correva giu per la collina. L’osservatorio alle spalle si fece piccolo, il monte stesso scivolava via. Vide lontano il mare, la terra distante con la sua materna rotondità.
In alto fin quando il pianeta stesso fu solo un punto fioco. Egli però guardava avanti e non pensava altro. Pronto ad essere testimone dell unione di due astri. Pronto a seguirli ovunque.

Fu il caso forse--------------------------------
------------------------O il destino che volle
Eppure io ti ho trovato-----------------------
--------------------------------Io ho trovato te
Ora capisco-------------------------------------
---------------------------------------Del vuoto
Del pieno---------------------------------------
------------------------------------Nero vortice
Terrore universale------------------------------
---------------------------------Nostra rinascita
Attratti senza via--------------------------------
----------------Dalla vita che vuole ucciderci
Ma noi non moriremo-------------------------
-------------------Noi saremo-------------------

mercoledì 17 ottobre 2007

ELIOfanti

L’ultimo Eliofante solcava il cielo
Terminato il suo letargo secolare
Solo priorità balenavano fra quei vuoti
Trovare paffute nuvole da mangiare
Eliofantessa soffice come seta
Creare vita in volo verso spazi remoti

L’ultimo Eliofante placò la fame
Vide passare innumerevoli cieli e lune
In tanta immensità non trovava vita
Anche se rischioso volle tentare
Abbandonando le ampie distese d’aria dov’era nato
Arrivare la dove forse era atteso

Un Eliofante è come il fratello terreno
Stessa la mole e le movenze
Ma non possiede peso più dell’aria
Simile ad un fumetto d’altri tempi
Attende calde correnti ascendenti
In un attimo vola e la figura si fa seria

Lontane dietro le foreste verdi smeraldo
Deserti tremolanti e sempre uguali davanti
Mai l’avrebbero costretto a fermarsi
Non prima d’aver trovato il paradiso

Il sole torrido stava per schiacciarlo
All orizzonte iniziava a prendere forma una città
Fu oasi di salvezza per lo stremato mastodonte
Torrido sole
Puntò dritto alla ricerca di un prato morbido

martedì 16 ottobre 2007

AGAIN ON THE ROAD mother fckr!

Di nuovo qui. Dove non so, ma non è importante.
Oggi gran giorno di merda è il giorno in cui devo ennesimamente ricominciare e mi sono un pò rotto le palle.
Ma vien da se che è meglio non opporre troppa resistenza agli eventi perchè temo che anzichè il semplice mal di pancia potrei accusare mali peggiori.
Mi sono licenziato a farla breve e vaffanculo.
Scelta sofferta ma ineluttabile, dopotutto sono tre mesi, TRE, che aspetto lo stipendio e , non avendo chissà quali bene al sole, credo di avere fatto la scelta giusta.
oggi sono volgare e anche un poco splatter, quindi sti grancazzi.
In compenso sto festeggiando il nefasto evento con della techno abbastanza rude nelle orecchie e un ricca bottiglia di spumante Asti Fiorelli in solitudo.
Al momento sono a poco più di mezza bottiglia e innumerevoli brindisi in mio onore.
Stamattina mi sono alzato con il culo scoperto, allora mi sono detto: "vaffanculo world!", mi sono rimesso a dormire per un paio d'ore. Finalmente poi la bile onirica mi ha costretto ad alzarmi, vestirmi, uscire "di corsa" verso il lavoro, con la mia fedele penna USB pregna di dimissioni. Però ancora ci speravo di non dovere arrivare a questo. Allora mi sono fermato alla posta, ergonomicamente posta, giusto 50 metri prima del portone dimmerda.
(intanto la tekno incalza, la spuma decresce e questo fa bene al tutto).
Fino a ieri avevo "meno 50 cent di euro"... Stamane anzichè l'accredito dell agognato stipendio mi sono trovato un ulteriore rosso di quasi dieci euro... Avrei voluto essere il tizio dopo di me in fila ed ascoltarmi nel borbotto crescente, nell imprecazione a medio volume e infine, scusa Dio, nella bestemmia con dedica a volume pieno.
Il mio passo allora si è fatto svelto e non so se qualcuno di voi sa la differenza fra una persona rossa in faccia che urla e una bianca in faccia che tace e guarda fisso. Sapete qual'è la più pericolosa? Sapete qual'è la disposizione corporea pre-rissa? Dove viene indirizzato il flusso sanguigno e perchè? Bè se non lo sapete informatevi e non vi lasciate intimorire dal rumore, del silenzio abbiate paura. Per un attimo ho capito come poter andare a finire sulle cronache. Nere. Allora ho prestato attenzione a dov'era diretto il mio plasma denso di fiele e ho semplicemente consegnato ciò che dovevo.
Poi son tornato a casa. CASA, mannaggia, ma c'è almeno una parola che abbia un significato simile nel vocabolario e nella mia testa?
Intanto lo spumante ASTIFIORELLI docg tende allo zero e io con lui per quello che concerne voglia di pace.
Techno spumante per festeggiare fallimenti incolpevoli.
VAFFANCULO!

sabato 13 ottobre 2007

si parte? scusi ma verso dove?

Lo sapevo. Prima o poi sarebbe successo. Solo questione di tempo.
Già mi interrogo sulla mie reali capacità di gestione. La mia eventuale costanza al riguardo.
Ma non importa.
Quello che mi fa più paura in assoluto di queste ridondanze dell' ego (blog) è il fatto di affezionarsi.
Così come lo si fa con myspace, youtube, messenger, secon life, gdr,ed ad libitum sfumando.
affezionarsi al nulla.
Mi angoscia il fatto che tutto si basi su cose virtuali. Io scrivo e posto. Su youtube prima converto sul mio computer poi uploado. In second life passo tempo a esplorare posti che non ci sono, incontrando gente che c'è, forse, altrove.
Anche io, come il restante mondo sto lentamente spostando le mie azioni fuori dalla realtà.
Conoscendomi direi un ritorno alle origini.
Ma se domani mi si impalla il computatore? E l'energia? Fintanto ce n'è io ci sarò.
Fuori e dentro.
Ma poi?
La carta vince su tutto (di sicuro sul sasso, per la questione forbice v'è tutt' ora vivo dibattere).
La carta, come ha già fatto più volte ci sopravviverà. Raccontando tenace la sua storia.
Quando moriranno parole e inchiostro lo sarà anche l'uomo.
La tastiera non digiterà più, i cluster dell' hard disk si danneggeranno irrimediabilmente e così anche la copia di backup. Sarà impossibile recuperare i dati poichè rigato per sempre il cd, il dvd, il double layer,. Il laser fuori centro ci renderà ciechi.
Allora perchè lo stai facendo? Domanda arguta.
Perchè mi affascina quello che invece c'è oltre.
E se qualcosa riesce ad affascinarmi veramente altro non chiedo
Questo è solo un inizio. Rileggerò queste parole e mi sentirò piccolo.

Emiz

pz
Cercherò di stampare tutto e di mettere via per i tempi duri