sabato 27 ottobre 2007

a volte è bello essere tristi

Quando mi hai detto:” è che sono depressa, tutto qua!”, io ho sorriso. Mi capita poco spesso di sentire un sorriso così sfaccettato verso qualcuno. In quel momento, forse più che in molti altri, ti ho sentita vicina, mi è parso di capirti davvero. Non che io non ti capisca, è stata una comprensione molto più ampia del solito consentitoci. Sarà che simili siamo dopotutto, nell’accordatura iniziale, nell’ orientamento massimo.
Ti ho sorriso perché ti ammiro in questa tenace umiltà aggressiva, che molto m’appartiene.
L’ho fatto perché dall’immagine tua, o come preferisci, da quel che io vedo di te, trasuda voglia sincera di sorridere del semplice e mi contagi.
Noi artisti di strada dobbiam per forza esser mesti, ma vorremmo volentieri ridere di gusto. Sbaglio?
Mi rallegro della tua tristezza, ti fa onore.
E’ triste chi non cede hai compromessi, chi non bara, son tristi quelli che giocano, sudano e magari quella volta gli va storta. E’ triste chi per il momento rinuncia perché è meglio così.
Tu ce la farai, anzi quelli come noi, che non siamo certo unici, ce la faranno.
Perché, vivendo, ciò che mi è capitato mi ha lasciato qualcosa: quello che ci può fare camminare a testa alta, dentro e fuori, non è l’obbligatoria realizzazione di un progetto.
E’ la tenacia, la tensione interiore incurante degli eventi che ci ha giurato fedeltà e della quale siamo degni.
E ho capito che davvero la vita è propria. Non un’idea comune e statica. E credimi, sentirlo veramente, almeno una volta, cambia molte cose.
Quello che ci succede, o che non ci succede, è comunque un espressione del nostro esistere, nel passato, nel presente e nel futuro.
Non buttare via i propri pensieri, solo questo può renderci, non semplicemente felici, ma almeno sempre più vicini alla concentricità.
Magari è stupido quel che dico, o meglio scontato, retorico, populista, utopico, semplificatore, mistificatore, forzato, infantile.
Sono tutte queste parole il problema, a volte troppe, limitanti eppur ambigue. Nella testa e fuori.
Senza tante parole, a volte, si potrebbe non pensare ma agire, nel dirsi: “ ok, so di essere serio. So di dare, davvero”. Fiducia nel fatto che chi cammina dritto e con occhi ben aperti troverà del buono. E basta.
Saper dire basta. Povero o ricco, specializzato o generico, elegante o trasandato, poco cambia se si schiude minuto per minuto di fronte a me un fiore che non conosco.
Ho incontrato persone povere d’animo, benestanti e ricche.
Io almeno in questo non ho remore, mi vedo fra i nobili. Nobile ignorante, decaduto, quello che vuoi ma dall’alba mitica. E tu anche sei li, e sono serio nel dirlo. Non si deve dimostrare a nessuno, almeno questo.
Una lettera per dirti della luce che irradi e della quale sei fatta.
Per ricordartelo sfacciatamente.

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