domenica 27 gennaio 2008

Piccolo sogno

Un foglio bianco di terra fertile. Io contadino, agricolo dentro. Trattore arante ed errante. Seme che beve pioggia. Germoglio tenace che rompe la zolla. Sole a picco, umido di sera, brina del freddo mattino. Vociare inavvertibile e delicato di lombrichi e formiche. Mantidi, grilli, falene notturne. Talpe e topi. Pecore, vacche, cavalli. Vento fresco che scende dai monti, pettina il grano, asciuga il sudore. Cadenzato sibilo tagliente della falce nell’aria. Covoni ammassati a decine sotto il falco pellegrino che vola e insegue stormi sfuggenti. Rondini, beccacce, cornacchie. Macchie nere e dinamiche nel cielo terso d’agosto di nuvole rade, paffute e familiari. Lente fila di muli che tirano carri. Ruscello vivo, ruota e mulino fra salici e cipressi, ortiche e cardi. Pietra che gira, schiaccia, sminuzza, senza sosta. Sacchi di farina ordinatamente composti nel casolare sulla collina. Tramonto rosso vivo, montagne nere che allungano l’ombra su mani robuste di donna fra acqua, lievito e pazienza. Cortile di cani e bambini urlanti. Cigolio del pozzo, oscuro ed amato. Legna secca, fiamme domate fra la roccia scavata. Odori fragranti, fame nell’aria. Uomini e donne raccolti attorno a tavole imbandite. Formaggi, vino, olio denso. Oche fra le gambe, il gallo su una chitarra rotta e senza corde canta le sue semplici antiche ballate. Brusii umani e animali. Con calma il Creatore guarda dall’alto la terra, dal basso il cielo. Guarda e sorride. Ovunque il sole e la luna riempiono gli spazi. Annullano le ombre creandone di nuove. Pane caldo fra le mani. La lama dentata incide la crosta dura fin dentro il tenero cuore di mollica. Fette di felice fatica, farcite con aglio profumoso e spezie. Gatto sornione che scivola fra i commensali, si struscia lasciando che la dote sua si poggi spontanea dinanzi le dolci vibrisse. E il giorno si fa sera, e la sera diviene notte che presto e docile si arrende al mattino. Così, mentre lento il mondo cambia e invecchia veloce, facendosi nuovo, niente muta nei miei occhi.

sabato 26 gennaio 2008

mercoledì 23 gennaio 2008

Winter on a solitary beach

Lunedì ho attuato il mio primo atto psicomagico. Per chi non sapesse nemmeno di che parlo, bè, fatti vostri. Non è proprio il momento della pazienza per me. Andatevi a leggere “quando Teresa si arrabbiò con Dio” oppure “La danza della realtà” o meglio ancora “psicomagia” e non cacate il cazzo. Bene, dicevo, l’atto psicomagico, mi dovevo liberare del peso della vecchia casa. Casa dove ho visto separazioni dolorose, overdose, pianti, risse, buio, perdizione, morte. Ora è occupata e meglio così per me, un po’ meno, a mio avviso, per gli ignari abusatori che si ciucceranno il karma nero accumulatosi con gli anni. Ma questi non sono fatti miei e comunque non me ne frega poi tanto. Quello che mi interessa è risolvere. Lunedì era da risolvere il peso insopportabile che comunque sentivo ancora attaccato all’anima. Io poi, le cose decido di farle, seriamente, nei sogni. Strano ma vero. Se da un sogno esco con un ricordo preciso o una sensazione, non posso esimermi, anzi a dire il vero di solito sono d’accordo. Così partii per Londra. Così decisi di dire cose importanti, il giorno dopo. Nello stesso modo, domenica notte, mi è sembrato di decidere: “ Domani mi alzo presto, mi faccio di creatina, sali minerali, vitamine, magnesio e via discorrendo (poiché da bravo abusatore ho capito che per adesso non posso proprio abbandonare le sostanze, massimo posso reindirizzare gli stimoli, sotto controllo medico, e non è poi così male), dicevo, mi alzo, mi faccio, prendo la bicicletta, meccanica divina, e senza riserve me ne vado dritto al mare, al pontile di ostia, con tutto quello che mi resta della casa, un mazzo di tre chiavi, bastarde chiavi, e lo butto a mare, mi rigiro e torno senza pausa alcuna. Ora, io non sono un ciclista, forse quest’estate mi ci sono avvicinato ma il freddo inverno e ennesime mie ricadute, più mentali che fisiche, per fortuna, mi hanno portato a calare di molto il tono, quindi, stì settanta chilometri non erano assolutamente nelle mie gambe. Per questo mi è sembrato sensato farlo. Non si può vincere una guerra senza spargimento di sangue e visto che il conflitto non s’è mai arroccato oltre i miei confini, la sostanza ematica non poteva essere che la mia, anche se in senso figurato. A cinque chilometri circa dal mare già accusavo i tipici effetti della carne tremula: Fame, intorpidimento muscolare, dolori articolari. Pontile, due barrette di integratori ad alta digeribilità a base di vitamine sali e potassio, abbondante acqua, tempo grigio, freddo, mare calmo. Bellissimo. Sono stato lì cinque minuti, chiavi in mano. Poi ho pensato che non era uno spettacolo, che non c’è preghiera senza sentimento. Non c’è regola che imponga la parola come necessità d’un semplice atto. Ho quindi gettato lontano il mazzo, mi sono rigirato e via così, di classe direi. Dopo soli cinque chilometri, alla fine del lungomare prima di prendere la Cristoforo Colombo un pensiero: Le ho buttate, ho fatto quello che dovevo, ho pure superato la prima e penultima stazione del treno utilizzabile, stella polare, sono sulla Colombo, sul ponticello, sotto, i binari e a vista la stazione di Castel Fusano. Cento metri. Chi mi vieta di tornare in treno? Non ce la posso proprio fare, credo. Sto già in fase calante e mancano ancora trenta chilometri. E se mi strappo. E se a una certa le gambe mi fanno come quella volta? Per quanto volessi spingere sui pedali non c’era verso di farlo, mi dissero che è normale, fui costretto a fare gli ultimi chilometri verso il lago camminando con tutte le gambe tremanti, tipo vecchietto sciancato. Dicevo, Colombo, stazione, perché no, ma così che senso ha? No no no no no! A morte le scuse e vaffanculo. Di certo non rischio niente di confrontabile a quello che ho rischiato in passato, fottendomene allegramente. Fanculo tutto! Divisione mentale in micro tappe, sapessi farlo nella vita, calma, molta calma, non forzare, primo strappo pesante, concentrati sul computerino, velocità fissa, leggi i metri che passano, testa bassa, non guardare avanti oltre due metri, respira, respira! Secondo e ultimo strappo duro, Roma, traffico, maledetti semafori, fermo, riparti, fermo ,riparti, scoppio, davvero scoppio, ultimi chilometri. Come uno sciroccato, parlando davvero:” dai! Forza che ci sei! Forte e chiaro! Forte e chiaro! Vai, vai, vai cazzo!”. Come quando ero ragazzo e davvero facevo sport, le gare, quelle di fondo le mie preferite. Acqua mista a urla del pubblico non pagante, resistenza, controllo, forza finale, che orgasmo.
Arrivato, in tutti i sensi, bravo. Giorno dopo, rotula e caviglia sinistra scricchiolanti, natica molto dolorante, muscoli ok. E’ solo la pigrizia che ci incula. Ora sono già più di trentasei ore che il sale e l’acqua del mare stanno ossidando il freddo metallo.

sabato 19 gennaio 2008

Libero arbitrio



il filosofo oltre me

mercoledì 16 gennaio 2008

de ci sio ne


voglio essere letto
non voglio esser famoso
me ne fotto riccamente
tanto prima o poi stiro
intendo muoio
sticazzi del notorio
voglio essere criticato
incalzato
a Roma si dice blastato
ora inizio un promoting serrato
una promozione volgare e inutile
affine al mio essere
perciò prego gli sventurati riceventi
di dedicarmi 10 minuti di vita
tanto prima o poi
stirate pure voi
e non pensate,FANDOLO,di buttare tempo
tanto comunque
che lo vogliate o no
il vostro tempo si butta da se
s'allontana da voi senza un grazie
io
invece
grazie ve lo dico se mi sommergete di insulti
o peccaminosi commenti
o che ne so
comunque non mi farete sentire solo
una buona azione
per un tossico indipendente
kizz

lunedì 14 gennaio 2008

A.A.A.


Se penso alle cazzate che ho fatto nella vita.
Alle gocce che son piovute in testa.
Non pensare al treno profumato e moro
Quello evitato con dolore.
Che stupidoNGIOVanniBUTTAtiRENDI conto!?
Capisci ho ti faccio un disegno?
Frustrazione insopportabile
Frustrazione assordante.
Mi hanno offerto buon vino rosso
Ho bevuto.
Mi hanno offerto sorrisi
Sono fuggito.
Pugilato paradenti e rintronìe.
Arrampicata down hill cross hill.
Apnea atmosfere fischi nelle orecchie
Qualcuno ha voglia di picchiarmi?
Un picchetto nel cuore, un altro ancora
Apriamo una nuova via.
Vene ai polsi, cappi, tagliole e poveri lupi.
Veleno antidoto e poi ancora veleno.
Rabbia d’esser sano
Malato.
Amore che non inseguo
Ma
Che non so rinunciare.
Non dimentico ma vorrei.
Quando mi chiedo
Ma chi cazzo è che comanda qui dentro!?
Avverto solo sguardi complici
Specchi ammiccanti
Cameriere svestite e pianisti falliti.
Chi è che comanda?
Solo specchi
Chi è?
Qualcuno dice sia io.
Chi?!?
Tu

sabato 12 gennaio 2008

Across the universe


Le parole scorrono come pioggia incessante dentro una tazza di carta
Scorrono selvaggiamente e scivolano via
Attraverso l’ universo
Pozze di dolore, onde di gioia vanno alla deriva nella mia mente aperta
Mi possiedono e mi accarezzano

Niente cambierà il mio mondo
Niente cambierà il mio mondo
Immagini di luce frammentata che ballano davanti a me
come un milione di occhi
Continuano a chiamarmi
Attraverso l’ universo
I pensieri vagano come il vento senza riposo nella cassetta
della posta
Procedono alla cieca mentre si fanno strada
Attraverso l’ universo

Suoni di risate, ombre di vita squillano nelle mie orecchie
aperte
Mi incitano e mi invitano
Amore immortale senza limiti, che splende intorno a me come un milione di soli
Continua a chiamarmi
Attraverso l’ universo

John Lennon- Paul McCartney

mercoledì 9 gennaio 2008

L'AUTOMOBILE. arbitrarietà, magia e crimine


Ho uno strano modo di collocare i ricordi nel tempo. Non mi riesce proprio di fare mie date precise, orari e quant’altro. Questo però non vuole dire affatto che non abbia memoria. Forse è semplicemente dislessica. Più o meno 4-5 anni fa vivevo in pieno un periodo assai libertino. Come chiave di lettura l’abitudine mia e di altri compagni di svegliarsi il venerdì ed in serata essere alla torre. A mezzanotte andare al fu bocciodromo di Testaccio (che noi chiamavamo bruciodromo, che simpatici). Ballare e socializzare fino a mattina. Continuare il sabato in relax fino alla sera, di solito alla torre. Dalle 22:00 in poi cominciava l’infoline del rave. Ricerca morbosa per alcuni. Prima o dopo si otteneva risposta, vaga, perciò prima o dopo si trovava il posto occupato. Poi, nella tarda mattinata di domenica, se non dopo, andare via, finendo di vivere la domenica. Poi finalmente a letto.
Era estate, forse luglio, forse cinque anni fa. Forse tornavo verso quella che una volta era casa mia ora infestata da poveri topi. Comunque, ero la intorno in quel periodo, così funziona. Camminavo sotto un sole caldo in testa come piombo, pensieroso e indigente, neanche una sigaretta.
Una volta ero in moto, fermo al semaforo di un incrocio. Dall’altra parte, ad almeno venti metri, turbinava un foglietto. Non so come ma seppi subito che erano soldi. Pensavo contemporaneamente di essere scemo e di avere ragione mentre poggiavo la moto e correvo diagonalmente la strada verso quello svollazzio. Venti euro. Ancora oggi non mi spiego come fu possibile vederli.
Passai di fianco ad una macchina parcheggiata. Dopo pochi passi tornai indietro convinto che fosse aperta e che ci fosse un pacchetto di sigarette fra i sedili. Mi sbagliavo? No, anzi, questo macicino d’auto aveva anche le chiavi attaccate. Presi di corsa il pacchetto e allontanandomi di buon passo meditai sul fattore chiavi.
Dopo circa dieci-trenta giorni si era a cena da mamma con mio cugino fratello. Una bella serata normale dopo la quale fummo sulla Tuscolana ad aspettare il notturno. Per fare cosa? Per andare dove? Pensammo al rave. Purtroppo però sapevamo che i vari sound romani avevano organizzato una storia grossa nella pineta di Campo di carne, Nettuno. Dirottare l’autobus? Cercare un passaggio nei soliti posti? Un pensiero luciferino e un piano degno di lui quand'è ubriaco. Attraverso tre tappe, tuscolana-termini, termini-Venezia, Venezia-monte Mario e una bella passeggiata fummo al punto x con la sola speranza che fosse ancora lì. Un buon piano d’azione, molto liberal. A tarda notte l’auto non c’era. Ero quasi felice ma qualcuno in testa mi suggerì di fare semplicemente qualche passo ancora. Aveva ancora una volta ragione. Non l’avevo mai fatto, non l’ho più fatto, d’avere un palo per cugino che ha per parente un ladro di galline. Non partiva come nei film quando si è braccati poi finalmente un rombo spolmonato. Il compare saltò a bordo e mi esibii in un’involontaria partenza con sgommata picara. C'era un po’ di benzina, c’era il pieno di gas. Quante risate a difesa dalla paura. Quanta notte quella notte. Nel naturale buio fra venerdì e sabato il capitale a-sociale era di pochi euro. Programma della festa minimale: da ven notte a dom no stop multi sound system. Si decise comunque per una soluzione finale. Concluso il party riordinare l’auto che era uno schifo già di suo, abbandonarla in un buon posto e telefonare anonimamente alla polizia. Attraverso vie non facilmente prevedibili non fu per niente così che andarono le cose. Ci separammo definitivamente, mesi dopo, a Novara.
- continua -

sabato 5 gennaio 2008

www.nonlosapevo.com

Ho visto un filmato su you tube che mi ha molto scosso. Non so nemmeno se consigliarne la visione. Io stesso ho spento direttamente tutto internet senza andare oltre.
E' un video di denuncia e ho scoperto che già se ne è occupato il programma "le iene".
Un investigazione conclusa nel 2006 nel nord della Cina per dimostrare le barbare torture inflitte ad animali da pelliccia come procioni e cani.
Consiglio invece di guardare il servizio delle iene almeno per farsi un'idea. Please...

p.s. per chi volesse davvero vederlo questo è il link:

http://www.youtube.com/watch?v=RG8p4BPOR2U