mercoledì 23 gennaio 2008

Winter on a solitary beach

Lunedì ho attuato il mio primo atto psicomagico. Per chi non sapesse nemmeno di che parlo, bè, fatti vostri. Non è proprio il momento della pazienza per me. Andatevi a leggere “quando Teresa si arrabbiò con Dio” oppure “La danza della realtà” o meglio ancora “psicomagia” e non cacate il cazzo. Bene, dicevo, l’atto psicomagico, mi dovevo liberare del peso della vecchia casa. Casa dove ho visto separazioni dolorose, overdose, pianti, risse, buio, perdizione, morte. Ora è occupata e meglio così per me, un po’ meno, a mio avviso, per gli ignari abusatori che si ciucceranno il karma nero accumulatosi con gli anni. Ma questi non sono fatti miei e comunque non me ne frega poi tanto. Quello che mi interessa è risolvere. Lunedì era da risolvere il peso insopportabile che comunque sentivo ancora attaccato all’anima. Io poi, le cose decido di farle, seriamente, nei sogni. Strano ma vero. Se da un sogno esco con un ricordo preciso o una sensazione, non posso esimermi, anzi a dire il vero di solito sono d’accordo. Così partii per Londra. Così decisi di dire cose importanti, il giorno dopo. Nello stesso modo, domenica notte, mi è sembrato di decidere: “ Domani mi alzo presto, mi faccio di creatina, sali minerali, vitamine, magnesio e via discorrendo (poiché da bravo abusatore ho capito che per adesso non posso proprio abbandonare le sostanze, massimo posso reindirizzare gli stimoli, sotto controllo medico, e non è poi così male), dicevo, mi alzo, mi faccio, prendo la bicicletta, meccanica divina, e senza riserve me ne vado dritto al mare, al pontile di ostia, con tutto quello che mi resta della casa, un mazzo di tre chiavi, bastarde chiavi, e lo butto a mare, mi rigiro e torno senza pausa alcuna. Ora, io non sono un ciclista, forse quest’estate mi ci sono avvicinato ma il freddo inverno e ennesime mie ricadute, più mentali che fisiche, per fortuna, mi hanno portato a calare di molto il tono, quindi, stì settanta chilometri non erano assolutamente nelle mie gambe. Per questo mi è sembrato sensato farlo. Non si può vincere una guerra senza spargimento di sangue e visto che il conflitto non s’è mai arroccato oltre i miei confini, la sostanza ematica non poteva essere che la mia, anche se in senso figurato. A cinque chilometri circa dal mare già accusavo i tipici effetti della carne tremula: Fame, intorpidimento muscolare, dolori articolari. Pontile, due barrette di integratori ad alta digeribilità a base di vitamine sali e potassio, abbondante acqua, tempo grigio, freddo, mare calmo. Bellissimo. Sono stato lì cinque minuti, chiavi in mano. Poi ho pensato che non era uno spettacolo, che non c’è preghiera senza sentimento. Non c’è regola che imponga la parola come necessità d’un semplice atto. Ho quindi gettato lontano il mazzo, mi sono rigirato e via così, di classe direi. Dopo soli cinque chilometri, alla fine del lungomare prima di prendere la Cristoforo Colombo un pensiero: Le ho buttate, ho fatto quello che dovevo, ho pure superato la prima e penultima stazione del treno utilizzabile, stella polare, sono sulla Colombo, sul ponticello, sotto, i binari e a vista la stazione di Castel Fusano. Cento metri. Chi mi vieta di tornare in treno? Non ce la posso proprio fare, credo. Sto già in fase calante e mancano ancora trenta chilometri. E se mi strappo. E se a una certa le gambe mi fanno come quella volta? Per quanto volessi spingere sui pedali non c’era verso di farlo, mi dissero che è normale, fui costretto a fare gli ultimi chilometri verso il lago camminando con tutte le gambe tremanti, tipo vecchietto sciancato. Dicevo, Colombo, stazione, perché no, ma così che senso ha? No no no no no! A morte le scuse e vaffanculo. Di certo non rischio niente di confrontabile a quello che ho rischiato in passato, fottendomene allegramente. Fanculo tutto! Divisione mentale in micro tappe, sapessi farlo nella vita, calma, molta calma, non forzare, primo strappo pesante, concentrati sul computerino, velocità fissa, leggi i metri che passano, testa bassa, non guardare avanti oltre due metri, respira, respira! Secondo e ultimo strappo duro, Roma, traffico, maledetti semafori, fermo, riparti, fermo ,riparti, scoppio, davvero scoppio, ultimi chilometri. Come uno sciroccato, parlando davvero:” dai! Forza che ci sei! Forte e chiaro! Forte e chiaro! Vai, vai, vai cazzo!”. Come quando ero ragazzo e davvero facevo sport, le gare, quelle di fondo le mie preferite. Acqua mista a urla del pubblico non pagante, resistenza, controllo, forza finale, che orgasmo.
Arrivato, in tutti i sensi, bravo. Giorno dopo, rotula e caviglia sinistra scricchiolanti, natica molto dolorante, muscoli ok. E’ solo la pigrizia che ci incula. Ora sono già più di trentasei ore che il sale e l’acqua del mare stanno ossidando il freddo metallo.

3 commenti:

Marko ha detto...

Visto che sei l'unica persona che ha lasciato un commento sul mio blog, sono venuto a vedere il tuo.
Vedo che scrivi più spesso di me per cui penso di tornare ogni tanto.

Anonimo ha detto...

incredibile! anch'io prendo le decisioni nei sogni!!!

Anonimo ha detto...

una domanda... anche tu conosci danilo pasquali? ma... personalmente?

incredibile anche questo.
una volta si diceva che il mondo è troppo piccolo, ma non pensavo che anche la rete fosse così stretta!
;-)

baci