giovedì 29 novembre 2007

Buona la prima


Con la Muskia stavamo pensando seriamente di mettere su un corto come si deve. Che tanto, a vedere quello che altri presentano ci sentiamo in grado di farlo. Dall primo briefing abbiamo all’unanimità deciso di abbandonare i precedenti percorsi. Lo pseudo noir franco-russo. I tempi immobili e le frasi sibilline che chiedono di essere più che partecipe alla proiezione, di esserlo al contesto dell’arte contemporanea, a quello storico-contemporaneo ma soprattutto a quello mentale dell autore di turno, che non si prodiga affatto in slanci umili e compassionevoli verso il volgo. No no. Prima di tutto si vuole definire a chi si vuole dire cosa. A loro? A tutti? A tutti tutti? Cioè quali sono i confini che volendo e non volendo delineeremo del nostro prodotto? Prima ancora di sapere di cosa parlo ora voglio sapere con chi ne voglio parlare. La mia personale opinione è che cercare di dilatare il più possibile la superficie visibile, senza per questo rinunciare alla complessità del discorso, sia la migliore radice da cui partire. Si traduce chiaramente in un assai maggior carico di lavoro mentale per gli autori che, se capaci, dovranno parlare in testa con mille voci differenti ed estranee, a quelle dar più retta per accontentarle. Piegarsi umilmente, tutto il possibile, che non è oltre il possibile ma li vicino.
Cosa accomuna la gente più distante che si possa immaginare. Cosa sta a loro comunemente a cuore? Facili, queste risposte sono facili. La natura, la carne, il tempo, la fine. Questa la mia chiave. La lente polarizzata che voglio fondere ai miei occhi. Perché è questo in fondo che ci sospinge e ci fa fare tutte le cose che si raccontano in giro o sui libri o nei nostri più intimi sogni. Una bella quadrilogia senza pretesa alcuna. Già sento le scintilline in testa. Il solletico alle viscere. La gustosa insofferenza, la fretta, che mi godo immobile, pensando. Mi piace l’approccio del mio corpo a certe cose. Lo vivo sempre come una garanzia, perché non succede spesso e mai con la stessa intensità.
Quattro storie, sedici minuti in tutto. Detto i limiti. Non abbiamo troppi bravi attori (3), non abbiamo impianti microfonici degni di nota e io pretendo di poter lavorare con piani larghissimi. Quindi muto. Anche perchè voglio sia internazionale. Parco lampade base, Con ampia possibilità di espansione però. Gruppo elettrogeno da circa 2kv su richiesta. Attori già disponibili (me compreso) 6. Comparse: i sei, di spalle e camuffati, più almeno altri 5. Ma già così il piano di lavorazione è assai complesso. Perchè non girano soldi..Altro limite, semplice cavalletto senza testata fluida. Perciò movimenti pochi e giustificati.

Primo raudo:

“ Il concetto di natura ha subito numerose evoluzioni, nella sua definizione, a seconda dei sistemi culturali e filosofici entro cui l'uomo ha definito, nel corso della storia, la sua esistenza e la sua relazione col mondo e col tempo.”

“L’espressione “ogni carne” si applica all’essere umano in quanto tale e quindi a tutta l’umanità. Il termine carne viene a comprendere in sé i caratteri, le manifestazioni, il modo d’essere e d’agire della creatura vivente. Il termine “carne” designa dunque l’essere umano, ma non in senso pieno, anzi, esprime piuttosto, dell’essere umano, l’infermità, la caducità, i limiti, in contrasto con gli attributi di Dio.”

“Newton credeva che il tempo fosse, analogamente allo spazio, un contenitore di eventi, Leibniz riteneva che esso, come lo spazio, fosse un apparato concettuale che descriveva le interrelazioni tra gli eventi stessi. John Ellis McTaggart credeva, dal canto suo, che il tempo e il cambiamento fossero semplici illusioni.”

“ Fui pervaso fin nel più profondo del cuore dal sentimento dell'impermanenza di tutte le cose che mi era stato trasmesso da mia madre. La vita umana era effimera come i petali avvizziti, spazzati via dal vento. La nozione buddhista dell'impermanenza (mujo) faceva parte del mio essere più intimo. Niente nell'universo intero può resistere al tempo. Tutto ne viene travolto, tutto è condannato a scomparire o a mutare. Anche lo spirito, come la materia, è chiamato a trasformarsi, senza mai poter raggiungere la permanenza. Per questo l'uomo è costretto ad avanzare in solitudine, senza alcun appoggio stabile. Come è detto nello Shodoka, neppure la morte , che lascia ciascuno solo nella sua bara, è definitiva. Soltanto l'impermanenza è reale”

BUUUM!

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