lunedì 24 dicembre 2007

NATAleTALE

-Buon Natale signore, qualche spicciolo…- -Signorina, buon Natale, qualche….- . Niente. -Buon Natale, qualche spicciol….-. Non mi sentono, neanche guardano. Dimenticato. Lungo la ricca via delle spese natalizie, cerco un poco di soldi per riuscire a dormire stanotte poichè la prima coperta calda è uno stomaco quieto. Hanno gettato tutto all’aria senza che nessuno davvero si ribellasse. Dato alle fiamme quello che c’era di buono di questi giorni. Così, seduto a terra, su un cartone abbastanza spesso da isolarmi dal marciapiede freddo e sporco, accetto tutto ciò che il mondo mi concede. -Buon natale signora…- Oggi ho cominciato più tardi del solito. Questa notte il freddo e il bisogno di cibo caldo non mi hanno dato tregua e verso le quattro, per disperazione, ho cominciato a camminare per le vie deserte del centro masticando un pezzetto di legno per placare la fame. Saranno state le sei, ho trovato una grata sul retro di un palazzo signorile dalla quale fuoriusciva aria inquinata e calda, allora mi sono accomodato sul letto di cartone che porto sempre con me e mi sono lasciato scivolare nel sonno. Poche ore però, poi il frastuono cittadino m’ha richiamato a se e di nuovo ero a vagare fra uomini e donne indaffarati. -Signore, qualche spicciolo…-. Non è un buon periodo questo per vivere. Proprio inadatto a…- Signori, prego, uno sp..-. Non era così prima, e lo posso dire con certezza visto che sono molti anni che mi affido al buon cuore dei passanti per continuare ad esistere. –Signora, qualche…- Ero qualcuno una volta anche se stento a ricordare bene chi fossi. Sono stato bambino, questo e certo e giocavo con gli amici nei prati dietro casa, dove ora c’è un nuovo svincolo dell’autostrada. –Uno spicciolo signore….Grazie tante e buon…- Già è lontano, le gambe del benefattore si fondono velocemente con quelle degli altri. Nell’ intrico dei passi altrui cerco di cogliere le storie silenziose che si trascinano dietro. Scarpe scintillanti di donne felici a passeggio, frenetico picchiettare di tacchi, voci confuse senza volto, tasche, borse, mani ondulanti, oro, argento, acciaio. Dopo ore di immobilità supplichevole la voce cantilena autonoma e lo sguardo affonda oltre lo scorrere di stoffa e persone – Signora, uno spicciolo per Na…-, vanno oltre fingendo di guardare il telefono, o il cielo che si scurisce velocemente o semplicemente mi ignorano imbarazzati. Le persone a natale sono peggiori. S’accendono sentimenti sintetici, misere semplificazioni di schemi complessi che come ogni pratica necessiterebbero di costante applicazione e sacrificio. Invece tutti improvvisano malamente. La paura di tanta luce fa fuggire le persone fra luminarie e vetrine, messaggi d’auguri generici, sorrisi stilizzati e traffico. A volerci credere tutto così sembra più brillante, speciale. Ma non per me che mi siedo a terra e annuso la parte bassa delle persone. Non per me che conto i soldi nel cappello e so fare calcoli. A natale sono più povero. Ogni singolo e freddo natale ho sperimentato dentro lo stomaco e nel cuore la realtà nuda e cruda.-Signorine, uno spicciolo per…- Chiuse nelle proprie gioie giovani, ridono, si spingono. Scompaiono nella folla. Buon Natale mondo.

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