martedì 11 dicembre 2007

Io, la Mosca e Bunuel

Ma ti sembra questa l’ora di pensare? Mi chiedono le confuse solite vocette impertinenti. Pare che ultimamente anche chi non ha nulla da dire non resista e sputi micro immondizie letterarie. Bè, io non sono da meno. Se le dinamiche sono quelle che mi sembra di aver capito, ogni sacco di spocchia può, dall’alto dei suoi attestati ufficiali e dei suoi grandi occhi infelici, tessere le lodi all’inverso della propria vita. Certo che all'alba avrei voluto leggere di meglio ma sono io che ho costruito castelli sulla sabbia.Alle sette meno un quarto di mattina, dopo una notte a montare matrimoni napoletani dal format tutto da vedere, penso che “non solo moda“ me lo può anche baciare, il culo. Ma crolla anche inesorabilmente un altro torrione del sogno che mi ero cucito in testa. Ho gli occhi scardinati e le mie toste chiappe cominciano anche loro un antagonismo militante. Comunque, come dicevo, m’è venuta in mente ed ennesimamente ho letto, ho pensato e non mi è affatto piaciuto. Quello che ho letto, quello che ho pensato? Entrambi. Oggi, fra un po’, si ritorna al lavoro. Eppure mi fa godere sotto sotto di distruggermi la vita per niente. Perché credo davvero che tutto sto sbattimento non serva. Però bisogna pur fare qualcosa. Che poi un giorno si arriva e non si ricorda più la partenza. Circa dieci ore fa ho finito di rivedere il pianista sull’oceano, ieri (anzi ormai l’altro ieri) vari pezzi di “the holy montain” di jodorowsky e, tanto per gradire, ho proposto ad una cara neofita, la visione integrale di “Un chien andalou” del vecchio Bunuel.
Mi ha angosciato il caro Luis, in alcuni momenti avrei voluto distogliere lo sguardo, ma almeno questo nella vita non l’ho mai fatto. Era molto che non ci si vedeva. Mi ha di nuovo, o ulteriormente, tagliato l’occhio. M’ha strizzato l’anima. Ho un dubbio: stavolta il cinema non c’entra perché avevo dieciasette anni e credevo di studiare cinema mentre ero solo un innocente confuso povero coglione. In ogni caso, più o meno validi “maestri” tentavano di fare di quel film e di molti altri il nostro pane quotidiano. Poi i diciotto anni e la festa che tutti aspettano e credo pure io e diciannove, venti e rotolarono i rotoli e vaghi dintorni, viaggi, ritorni, dimenticanze in evoluzione, apparizioni, sparizioni di perle mare fango e BUM! Per dirla semplice THAT LINK IS FUCKED. S’è crinata irrimediabilmente la surreale e artificiosa zona d’ombra dove nascondersi quando gli interrogatori si fanno fitti e puntano ferocemente la luce in faccia. Nudo al centro di una stanza affollata rimbalzo da un immagine all'altra come una mosca scappando dalla mano. Che cosa ne può sapere un insetto che sfugge ad una morte così semplice del mondo fuori dalla porta, delle città, degli stati e di tutto l’inutile resto. Niente e comunque non credo gli interesserebbe farsi un cortocircuito. Eppure sia io che la fastidiosa mosca mia amica, il buon Bunuel e svariati altri siamo qui oltre l’uscio e non ci capiamo un benemerito cazzo. Chi per un motivo chi per un altro ognuno di noi resta atterrito se pensa a tutto quello che non capisce. Mica siamo come gli altri che sparano sentenze e merda dalla bocca per non aver paura. No no, noi accettiamo la nostra ridicola limitatezza, ne io ne gli altri ci sentiamo minimamente intelligenti e ne diamo prova spesso e volentieri. Se fossi stato davvero intelligente mi sarei forse ritrovato alle sette di mattina, dopo la suddetta video immondizia a pagamento, a scrivere con dedica questo biasimevole intruglio di me? Non credo. Come non credo che chi si trova in una posizione scomoda abbia il diritto di essere nervoso o critico. Perché a meno che non siate poveri davvero, malati davvero, emarginati davvero, davvero fottuti finiti invischiati deprivati dell’energia stessa che vi tiene in piedi, non avete da far altro che muovere il culo e ringraziare Dio che non vengo li a prendervi a calci in bocca personalmente, che così almeno ce l’avrete davvero un buon motivo per piangere. Per il rispetto dovuto ai cuori che si stringono fino a frantumarsi. Agli stomaci vuoti saziati nell’immondizia della nostra opulenza, ai bambini dimenticati e a tutta la natura che cede il passo con dolore. Devo scavare, scavare a fondo fino al filo rosso. Dimenticarmi di me e sperare un giorno, dopo tanti anni, di incontrarmi ancora.

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